I COMPETITORS: PROBLEMA O RISORSA?

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02 Ago I COMPETITORS: PROBLEMA O RISORSA?

Come consideri i tuoi concorrenti? Come reagisci quando nella tua zona, nel territorio del tuo mercato apre una nuova attività simile alla tua? 

Credo che tutti i titolari di azienda si siano trovati di fronte, almeno una volta nel corso della loro attività, di fronte a questa situazione.

Perché è chiaro che nella nostra mente si crea l’equivalenza: competitor=meno clienti. Sarebbe sciocco non ammetterlo.

Però si possono anche ribaltare i ruoli: come valuto la presenza di concorrenti sul mio target, nel caso volessi aprire una nuova attività?

In questo articolo cercheremo di approfondire questo tema.

Anzitutto, permettimi di fare riferimento, per iniziare, ad un’esperienza vissuta nella mia città. 

Per intenderci, non parlo di un paesino di 1000 abitanti, ma di una città con oltre 25.000 abitanti, punto di riferimento e baricentrico rispetto ad un territorio con oltre 120.000 residenti.

Giusto un anno fa, ha aperto in città il locale di una nota catena dl fast food. Non la cito esplicitamente, ma avrai capito.

Bene, c’è stata letteralmente una sollevazione popolare contro questa e a favore delle attività locali di ristorazione e fast food.

In tanti si sono stracciati le vesti, paventando uno scenario apocalittico nel quale tutto il mercato disponibile sarebbe converso presso questa nuova attività, lasciando sul lastrico il resto degli operatori locali.

Non sto esagerando. C’è stata letteralmente una levata di scudi popolare generale, durata diverse settimane.

Quanto trova giustificazione tutto ciò? Per quanto sia comprensibile questo atteggiamento, che elementi oggettivi ci sono stati, a favore di questo comportamento?

Possiamo affermare che il mercato della ristorazione, in un dato territorio, sia un’entità chiusa e definibile numericamente e quindi costituita da un numero X di clienti, sempre uguale, che se nel territorio ci sono 10 attività si dividono in X/10 per ciascuna e se sono in 20 saranno X/20 per ciascuna?

Evidentemente no.

Il mercato non è un’entità fissa ed invariabile, ma un insieme di “consumatori” appartenenti a target diversi che ogni attività, nelle sue strategie di marketing, ha l’onere di provare a coinvolgere.

Questo, bada, vale per ogni tipo di attività. Ma stiamo sul pezzo: l’apertura di una nuova attività, soprattutto se rappresentante un brand molto noto, mi offre l’opportunità di rivalutare la mia proposta, di riposizionarmi sul mercato, di provare a raggiungere nuovi target in linea con la mia tipologia di servizi e/o prodotti.

Vorrei che questo post fosse molto concreto, quindi continuo a riflettere sul caso in specie.

Anzitutto, non si può non comprendere il fatto che prima di aprire il fast food, la suddetta multinazionale, avrà fatto le sue valutazioni sul territorio e sulla definizione del suo target. 

E ciò non sarà stato fatto dal pincopallino Y, ma da consulenti di marketing capaci di valutare il ritorno dell’investimento nel tempo e la sostenibilità dell’impresa sul mercato considerato. 

Già questo sarebbe un dato che dovrebbe fare riflettere anche tutti gli altri operatori già presenti. E, a distanza di un anno, non posso che prendere atto che i suddetti consulenti abbiano fatto una valutazione corretta.

In linea di massima, gli atteggiamenti possibili delle attività già presenti, possono essere due:

  • ispirazione
  • differenziazione

Chiaramente l’obiettivo è non farsi fagocitare da un competitor così ingombrante!

Vediamoli entrambi.

Una nuova attività, specie se di un brand leader, può diventare un punto di riferimento, motivo di ispirazione, per il mio business. In particolar modo se mi rendo conto che il target è pressoché lo stesso. 

Se non ho la capacità di riposizionarmi in funzione di questo, o di far funzionare tutti gli strumenti di protezione che vanno in allarme, allora realmente la nuova attività rischia di portarmi letteralmente via i clienti e mandare la mia impresa in sofferenza.

Vediamo, in concreto, alcuni elementi di ispirazione:

  • target famiglie; è palese che la proposta di tale catena punta a coinvolgere non soltanto gli adulti o ragazzi che normalmente frequentano il fast food, ma anche i bambini, offrendo area giochi, dispositivi multimediali, animazione, menù dedicati con giochino, servizio feste e compleanni. Tutti i servizi offerti sembrano dire: vieni da noi anche se hai dei bambini, perché da noi si troveranno bene e anche tu ti troverai bene;
  • target man at work; se si va nel locale durante la giornata si troveranno tante persone che, magari dopo una minima ed economica consumazione, si trattengono ore per lavorare, o per riunioni di lavoro informali, usufruendo dei tavoli e della connessione wifi gratuita. Anche qui, il brand sembra dire a questo suo target: hai bisogno di uno spazio per lavorare? Vieni pure qui senza nessun problema. Non hai bisogno di spendere soldi in coworking o uffici privati. E in quel modo fidelizzi il cliente, che consuma e magari torna con tutta la sua famiglia e fa la festa del compleanno della figlia perché ha visto che allestivano per altri;
  • target adolescenti; certo, il brand attira, è anche una moda per i ragazzi. Ma mi chiedo se ci sono altri locali che offrono un’ambiente colorato, informale, spazi al chiuso e all’aperto, e articoli del menù adatti alle finanze dei ragazzi? Dove puoi prenderti un panino, un gelato o una bibita a 1 € ? Quelli sono specchietti per le allodole, chiaramente.

Ci sono spunti di riflessione? Credo proprio di sì. E sono solo alcuni. 

E i relativi costi, a volte, per offrire determinati servizi, sono veramente irrisori.

La differenziazione, invece, punta ad un obiettivo profondamente diverso, per riposizionare la propria attività.

Il mio concorrente punta ad un target particolare, io punto ad un target diverso, possibilmente complementare. In questo modo che ci sia o non ci sia, per il mio business non fa alcuna differenza.

Alcuni esempi:

  • La qualità. Diciamo che la percezione generale è, ma non è la mia opinione, che il basso prezzo vada a discapito della qualità. Bene, pur lavorando, magari, nel campo del fast food, posso lavorare su prodotti e materie prime di qualità, puntando sull’eccellenza, sulla presentazione, sul servizio, senza per questo virare verso il campo gourmet aumentando in maniera spropositata i costi. Il food cost è il primo elemento che deve necessariamente valutato.
  • Business. Se il concorrente offre uno spazio e connessione gratuita, perché non farlo anche noi, però rivolgendosi ad un target più elevato? Va bene tutto, ma non potrei mai andare nel suddetto locale, per una riunione di lavoro più formale. Non posso portare certe tipologie di cliente in quella catena di fast food! Quindi potrei organizzare uno spazio gratuito per tale obiettivo, cercando però di allestirlo in maniera idonea al mio target.

Certo, differenziarsi, a volte e in taluni casi è più complicato che ispirarsi, ma potrebbe dare, se inteso correttamente, anche i migliori risultati.

Il discorso sarebbe ancora molto lungo, così come potrebbe cambiare dipendentemente da alcune variabili e dalla tipologia di attività. 

Ma ho voluto di proposito puntare ad un caso, per certi aspetti, limite, cercando di dimostrarti che, anche in questa situazione non bisogna abbattersi, ma approfittare dell’opportunità per ripensare la nostra attività. 

Ciò che conta è acquisire un atteggiamento mentale vincente, che punti alla leadership, che non si faccia scoraggiare da alcun evento, ma che si sappia guardare intorno e, soprattutto, promuova la nostra attività utilizzando gli strumenti e le strategie di marketing più adeguate ad ogni tipo di situazione.

Atteggiamento che, comunque, dovrebbe esserci sempre: flessibilità deve essere la parola d’ordine di ogni imprenditore dei nostri tempi.

Grazie per l’attenzione. Se avessi bisogno di chiarimenti resto a disposizione nei commenti o in privato.

Se ti interessano questi argomenti vai a vedere i precedenti articoli pubblicati nel mio blog e condivisi nella pagina Facebook di Sardinia Emotion Service.

Massimo Fadda

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